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Su La Gazzetta del Mezzogiorno di parla di sette e manipolazione mentale

Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 30 Agosto 2017

Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 31 agosto 2017

 

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Sette segrete, il mondo torbido che la legge non riesce a perseguire

Abusi sessuali, plagi, manipolazioni, indimidazioni. Dal caso Arkeon in poi quello delle sette segrete è un mondo sommerso da cui gli adepti scappano con difficoltà. E che la legge può sanzionare solo in parte

«Il maestro ordinò un lavoro di gruppo a sfondo sessuale. Eravamo bendati mentre i maestri ci mettevano di fronte un uomo o una donna che dovevamo toccare e da cui farci toccare anche nelle parti intime. Impossibile scappare, perché ci tenevano fermi». È soltanto una delle testimonianze dei tanti fuoriusciti da Arkeon, un gruppo controverso operante dapprima a Bari e provincia e poi in tutta Italia. Tutti vogliono l’anonimato perché, nonostante l’organizzazione non sia più operante dal 2008 (o perlomeno non col nome Arkeon), le minacce e le intimidazioni sono continuate nel corso degli anni. E forse è anche per questo che la sentenza della Corte di Cassazione arrivata in questi giorni, pur avendo chiuso un processo durato oltre cinque anni, lascia l’amaro in bocca: già, perché al termine della trafila giudiziaria si conta solo un condannato, il guru Vito Carlo Moccia: 2 anni e 5 mesi per associazione a delinquere. Tutti gli altri sei imputati, ritenuti «maestri», si sono salvati perché intanto il reato è caduto in prescrizione.

ABUSI ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE

Fa niente per i disagi e le sofferenze che tanti hanno dovuto subire e raccontate nel corso del processo stesso. Il gruppo, nato formalmente nel 1999 sotto la guida di Moccia, teneva seminari (che potevano arrivare a costare anche oltre 10mila euro) nel corso dei quali si cercava di attuare una rivalutazione e reinterpretazione delle vite di persone: «Quando sei dentro – ci spiega una fuoriuscita – credi a tutto, è un vero e proprio delirio di onnipotenza: diventi immune da tutto ciò che di negativo può capitare, non ti ammali o guarisci anche da malattie gravi. Puoi fare il trattamento con le mani al cibo per purificarlo o all’antibiotico per evitare che ti faccia male allo stomaco. Tramite alcune pratiche con la mente, credi di poter trovare parcheggio o di riuscire a ricaricare il telefonino».

si organizzavano seminari di ogni tipo: sul denaro durante il quale si arrivava ad andare anche a chiedere l’elemosina vestiti da barbone, o sulla morte, durante il quale si costruiva la propria tomba e alcuni ci dormivano dentro

Ma il «delirio» aveva un fine molto preciso: gran parte delle insoddisfazioni o dei malesseri sarebbero da imputare a violenze sessuali subite da piccoli ma rimosse. «Ritenevano – racconta ancora Angela (nome di fantasia) – che gli abusi fossero stati commessi da un membro della famiglia della madre, perché i maestri pensavano che da lì provenissero le perversioni». A raccontare cosa accadeva è stato Carlo Fornesi, ex adepto morto suicida dopo che si era convinto di una sua presunta omosessualità, nonostante avesse moglie e figli: negli incontri «l’emissione di saliva e muco viene incoraggiata e descritta come “vomitare lo sperma dell’abuso”. Ho conosciuto persone che hanno creduto realmente si trattasse di sperma, e lo sostenevano vigorosamente contro ogni evidenza e razionalità».

Né, stando al racconto dei fuoriusciti, si avevano atteggiamenti diversi in presenza di bambini: «Un giorno c’era una mamma con una bambina – racconta ancora Angela – e si diceva che la mamma era stata abusata dal nonno; il maestro dichiarò che solo se la mamma si fosse impegnata a fare il lavoro (frequentare il gruppo, ndr), la piccola non sarebbe stata abusata». Situazioni borderline, insomma, che spesso cadevano in vere e proprie violenze: un altro dei maestri, operante questi a Milano, in un altro processo è stato condannato in via definitiva per abusi sessuali.

MINACCE CONTINUE

Ma non c’erano solo violenze: «si organizzavano seminari di ogni tipo: sul denaro durante il quale si arrivava ad andare anche a chiedere l’elemosina vestiti da barbone, o sulla morte, durante il quale si costruiva la propria tomba e alcuni ci dormivano dentro». Insomma, una vera e propria «manipolazione mentale che annulla l’adepto allontanandolo da genitori, figli, parenti, compagni e amici», ci dice la dottoressa Lorita Tinelli, che per aver denunciato tra i primi quanto accadeva in Arkeon ancora deve far fronte a minacce e intimidazioni. Anche la sua vicenda ha dell’incredibile: dopo un’intervista rilasciata nel 2006 a a Maurizio Costanzo, la psicologa colleziona qualcosa come 180 denunce da parte di adepti di Arkeon, tutte archiviate, ed un atto di citazione in sede civile con richiesta di risarcimento di 4 milioni di euro e richiesta di chiusura del sito internet del Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici, da lei fondato) da lei gestito, negata dal magistrato con dichiarazione di merito. «Contro di me – racconta ancora a Linkiesta – hanno creato blog a nome di membri di Arkeon con l’obiettivo di denigrare la mia attività, sostenendo che mi fossi inventata tutto e che avessi manipolato sia la stampa che i magistrati. Ho ricevuto anche minacce di morte con lettere in cui qualcuno si diceva pronto a difendere il Maestro, impugnando la katana, una spada».
E poi uno degli elementi più inquietanti: un libro, rintracciabile su Amazon, dal titolo «Il Curioso Caso Lorita Tinelli: Fenomenologia Di Una Psicologa Paragiornalista». L’autore, ovviamente, non esiste. Inventato. Tale Pierluigi Belisario: sarà un caso ma Pierluigi è il nome di un ex arkeoniano molto vicino al guru e che ha avuto un ruolo-chiave nel processo e, ci dice ancora la Tinelli, «Belisario è il nome di mio marito». Un nome non comune: che sia stato utilizzato per “ribattezzare” l’autore di questo libro, lascia pensare. Ma minacce e intimidazioni hanno toccato anche altri protagonisti della vicenda, dai testimoni-chiave del processo (alcuni dei quali sono stati querelati più di 100 volte, ma sempre assolti) fino all’allora presidente dell’Ordine degli Psicologi di Bari, Giuseppe Luigi Palma: «Per noi – ci racconta – la vicenda è iniziata a fine anni ’90 quando ci fu segnalato che Moccia (il guru di Arkeon, ndr) si presentava come psicologo, ma non era iscritto all’ordine.

Dopo il caso Braibanti (nel 1967 un intellettuale di sinistra aveva avuto rapporti omosessuali con due giovani. Uno dei due, però, spinto dai genitori, denunciò il tentativo di Braibanti di «introdursi nella sua mente»), la Consulta ha dichiarato il reato incostituzionale perché «reato d’opinione»

Da qui si sono aggiunte poi varie segnalazioni e denunce sugli abusi psicologici, anche grazie all’operato della dottoressa Tinelli, che per questo è stata poi bersagliata». Non a caso anche l’Ordine nel processo si è costituito parte civile, ricevendo un risarcimento danni; e proprio da lì sono cominciate le pressioni: «So che specie su internet e blog creati ad hoc, sono stato attaccato e insultato dai seguaci di Arkeon. Ma al di là del caso concreto, questa è una vicenda che dovrebbe invitare le istituzioni a riflettere».

IL REATO CHE MANCA

Già, perché forse sarebbe andata diversamente se l’Italia avesse reintrodotto nel suo codice penale il reato di manipolazione mentale. Già, reintrodurre. Perché in Italia c’era. L’articolo 603 del codice penale, infatti, prevedeva che chi sottoponeva «una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione» poteva essere condannato fino a 15 anni di reclusione. Tuttavia dopo il caso Braibanti (nel 1967 un intellettuale di sinistra aveva avuto rapporti omosessuali con due giovani. Uno dei due, però, spinto dai genitori, denunciò il tentativo di Braibanti di «introdursi nella sua mente»), la Consulta ha dichiarato il reato incostituzionale perché «reato d’opinione». Da allora tutti i tentativi fatti per reintrodurlo sono miseramente falliti. «È chiaro – puntualizzano dall’Aivs (Associazione Italiana Vittime Sette) – che non è nostro scopo resuscitare il vecchio reato di plagio, ma riteniamo opportuno che lo Stato italiano possa adottare idonee misure legislative che prevengano e contrastino il condizionamento psicologico degli individui».
Non a caso, la Fecris, la Federazione Europea dei Centri di Ricerca e di Informazione sulle Sette e i Culti, ha inviato una lettera al Governo e ai presidenti di Camera e Senato, esprimendo «forte preoccupazione e sconcerto per il mancato recepimento delle indicazioni contenute» in una Raccomandazione del Consiglio d’Europa (la numero 1412 del 1999) con la quale gli Stati membri sono stati sollecitati a «un’efficace azione di vigilanza e di informazione preventiva sui gruppi a carattere religioso, esoterico o spirituale». Niente da fare: in Italia si continua a perder tempo. Anche in questa legislatura qualcuno ci ha riprovato: l’onorevole Pino Pisicchio il 15 marzo 2013 ha presentato una nuova proposta di legge che, tuttavia, non è mai stata calendarizzata. Intanto le associazioni hanno organizzato soltanto poche settimane fa un incontro in Senato per denunciare l’abbandono delle vittime, non tutelate dallo Stato: diversi i politici presenti, che hanno assicurato la volontà di organizzare tavoli tecnici. Molti di questi, da Piero Liuzzi ad Angela D’Onghia, hanno presentato interrogazioni ad hoc. Che, tuttavia, non hanno mai avuto risposta dal Governo

Fonte: http://www.linkiesta.it/it/article/2017/08/10/sette-segrete-il-mondo-torbido-che-la-legge-non-riesce-a-perseguire/35177/

 
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Pubblicato da su 10 agosto 2017 in Interviste, Uncategorized

 

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Chi manipola la nostra mente?

Abbiamo fatto un viaggio nel mondo opaco del “miglioramento di sè”. Corsi di potenziamento mentale e lezioni di autostima. Promettono la felicità, ma possono nascondere insidiosi (e costosi) tentativi di manipolazione. Ma ci si può difendere. Basta sapere quali trappole evitare

«Mi dicevano “non c’è niente che non puoi fare, se lo desideri. Dicevano che ero circondata da persone con energie negative, e dovevo imparare a scegliere. Mi sentivo accettata dalla nuova comunità, stimolata a dare il meglio. Davano risposte facili a domande difficili: vuoi essere felice? Fai così. Presto ho cominciato a parlare come gli altri del gruppo, usavo le stesse frasi, pianificavo di andare a vivere con loro. Seguivo le indicazioni sullo stile di vita: dormire sei ore a notte, fare sport, mangiare leggero. Mi ero impegnata a reclutare nuove persone per il “corso di memoria”, lo stesso che avevo seguito io. Dovevo distribuire volantini, chiamare le persone che conoscevo. I miei istruttori mi sgridavano perché non ne portavo abbastanza. Gli amici, fuori, dicevano che stavo cambiando. Nel frattempo avevo scucito altri 2mila euro per un nuovo corso, stavolta sull’autostima. Sono rimasta nel gruppo sei mesi». Silvia ha 24 anni, vive a Bologna, sta per laurearsi in Giurisprudenza. Per lei, come per altri protagonisti di questo racconto, abbiamo scelto di usare nomi di fantasia. Ne capirete il motivo. La storia di Silvia inizia con qualche esame universitario lasciato indietro. E un incontro: un ragazzo le allunga un volantino che promette “un metodo per studiare meglio”. Un corso di memoria, in sostanza. Tre giorni di immersione totale, mnemotecniche, lettura veloce, la promessa di “passare gli esami studiando un terzo del tempo”. Costo: 1.400 euro, “ma pensa se andrai fuori corso, quante tasse universitarie in più!”. Non faceva una piega. «Quando ho finalmente capito che l’associazione succhiava il mio tempo e le mie energie, e mi imponeva lavoro gratuito, mi sono sentita così stupida…». Anche questo, un classico. Chi passa per queste esperienze prova un senso di vergogna. E spesso teme ritorsioni.

Quando Silvia ha scritto a 7, abbiamo deciso di capirne di più. Perché è giusto essere cauti. I cosiddetti “movimenti del potenziale umano” sono tanti e diversi, da Scientology all’Ontopsicologia, da Soka Gakkai agli Umanisti. Noi abbiamo deciso di concentrarci sui gruppi che promettono, in poco tempo e a pagamento, potenziamento mentale e crescita personale: i più facili da confondere con normali corsi di automiglioramento. Perché non tutte le attività di questo tipo – sia chiaro – si basano su tecniche manipolatorie o hanno secondi fini. Silvia è un caso isolato? Pare di no. I “gruppi del miglioramento di sé”, secondo l’Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici, sono circa 50 sui 1.700 “culti abusanti” esistenti in Italia, che vanno dai santoni locali alle grandi organizzazioni internazionali. Il Centro Studi Abusi Psicologici ci spiega che metà delle duemila segnalazioni ricevute nel 2017 arrivano da corsi di autostima, lettura veloce, autoguarigione. Don Aldo Buonaiuto, dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, ha fondato insieme alla Polizia Postale il Numero Verde Anti-Sette (800.228866). La sua stima: un terzo delle 2.500 persone con cui è venuto in contatto lo scorso anno viene da esperienze di questo tipo. Di sicuro, il fenomeno è vasto. Sono in tanti a dirci: «Ehi, ma io conosco una ragazza che ha fatto parte di un gruppo così…», «Un’amica di mia mamma ha fatto un corso di rilassamento, ha tirato fuori un mucchio di soldi, è diventata strana…».

 

Parliamo con Giacomo, un ragazzo di Roma. Aveva 22 anni quando s’è iscritto a “un corso per superare gli esami in fretta” – lo stesso di Silvia. «Ne avevo bisogno, ero indietro con la tabella di marcia e rischiavo di dover restituire la borsa di studio». Costo: 2.600 euro per un weekend. «Sarebbero diventati 1.400 se mi fossi iscritto subito. Ho firmato. Per pagarmi il corso ho lasciato la mia stanza in affitto e sono tornato a Salerno, dai miei. Un tutor mi ha convinto a collaborare: potevo accedere così liberamente a incontri settimanali, ma dovevo reclutare altri clienti. Ognuno valeva “una stellina”: dieci stelline, cioè 14mila euro procurati all’azienda, mi avrebbero dato accesso a un corso superiore. Mi hanno convinto a volantinare anche con l’influenza o sotto la pioggia battente, ma non ho mai raggiunto l’obiettivo. Troppo timido». Martina, 25 anni, torinese, era una studentessa senza apparenti problemi. Se non quello, racconta, «di essere sempre per tutti quella carina, in una famiglia di geniacci. Così mi sono iscritta al corso. Dalle tecniche di apprendimento si è passati a quelli che poi, studiando psicologia, ho riconosciuto come metodi psicoterapeutici: rilassamento profondo cui seguivano colloqui con un tutor. E tecniche tipiche della programmazione neurolinguistica, come il cosiddetto ancoraggio: associare una parola a un ricordo emotivamente forte. Tutti mi trattavano come fossi la loro migliore amica. Anche questa è una tecnica, e si chiama love bombing. Chi è scettico sul nuovo percorso, presto, ti appare come un nemico. Dopo un po’ ho litigato con mia mamma. Mi trovava diversa e io le ho detto: “Sei una succhiatrice di energia!”. Un’espressione che avevo appreso durante il corso».

 

Ci spiega Lorita Tinelli, una psicologa che nel 1999 ha fondato il già citato Centro Studi Abusi Psicologici: «Queste tecniche dovrebbero essere usate solo da professionisti. In questi gruppi invece diventano utili per convincere gli iscritti a fidarsi, offrire il proprio lavoro, reclutare altri membri paganti. Per il guadagno dei leader. Che è il vero scopo di queste associazioni». Tinelli è anche consulente della Associazione Italiana Vittime delle Sette. Creata nel 2016, è stata presentata in Senato il 21 giugno scorso. Quel giorno, a Roma, c’eravamo anche noi. Durante la tavola rotonda a Palazzo Madama è risultato subito chiaro che, alla radice del problema, c’è l’assenza di una legge. Il reato di plagio è stato abolito con una sentenza della Corte Costituzionale (9 aprile 1981, n. 96). «Il vuoto normativo è un ostacolo per avvocati e giudici», ha spiegato l’avvocato Annalisa Montanaro, consulente legale dell’associazione. Il confine tra la scelta consapevole di aderire a un gruppo e la coercizione psicologica, che può avvenire anche in un secondo momento, è infatti sottile.

Come capire la differenza tra un normale corso per il miglioramento personale e un gruppo che tende a manipolare gli iscritti? Qualche nome, in questa seconda categoria? Molti dei nostri interlocutori – stranamente – non intendono farne. «Non voglio segnalarvi alcuna associazione specifica», ci ferma don Aldo Buonaiuto . «Il nostro lavoro non è compiere vendette, ma alzare la consapevolezza. E aiutare le vittime, chiunque siano». Una psicoterapeuta si presenta su un forum come “esperta in exit counseling”: si propone d’aiutare, in sostanza, chi desidera uscire da un gruppo. Le abbiamo chiesto un’opinione su un gruppo particolare. Risponde via mail: «Sono in vacanza. E non parlo di questa associazione». Un nome, tuttavia, ritorna spesso nel forum, aperto a tutti, del Centro Studi sugli Abusi Psicologici (www.cesap.net/forum). Il nome è quello di Your Trainers Group, un’azienda che offre anche corsi di memoria e lettura veloce. Da qualche mese si chiama “Genio in 21 giorni”. Nel forum citato molti utenti – che si qualificano come ex allievi e familiari preoccupati – parlano di pressioni affinché facessero proselitismo; di tentativi di manipolazione; di difficoltà a recedere dall’iscrizione. Tra i creatori di “Genio in 21 giorni” c’è Massimo De Donno. Quando lo chiamiamo, risponde così.

Sul metodo dei corsi: «Lavoriamo molto sulla motivazione, oltre che sulle tecniche. Perché senza un metodo di studio personalizzato, le tecniche di apprendimento non bastano». Sul proselitismo: «Non siamo venditori di pentole. Nessuno è costretto a portare altri clienti, anzi non vogliamo che chi è scontento del corso ci rappresenti. Succede però spesso il contrario. Le persone che hanno frequentato il corso sono così contente che lo consigliano ai loro cari. Spontaneamente. Noi suggeriamo loro di farlo, ma niente di più». Sulla sensazione di essere stati manipolati. «Io non sono nella loro testa, non posso sapere perché si sentano così. Ma abbiamo 32 sedi in Italia e 5mila studenti all’anno. Come potremmo, se non ci occupassimo solo di ottenere i migliori risultati possibili? Solo pochi sono scontenti. Gli altri hanno giudizi positivi sull’esperienza, tanto che stiamo per pubblicare un libro che conterrà 613 testimonianze convinte ed entusiaste. Venite voi stesse a fare un corso, vedrete».

Noi, in realtà, ci siamo già iscritte: una lezione di prova nella sede di Milano. Per una sera, siamo Nicole e Alice, due impiegate che vogliono finalmente laurearsi, ma temono di non farcela. E non vogliono fare tanta fatica. I tutor sono gentilissimi, grandi sorrisi: vogliamo memorizzare una lista di 20 nomi in due minuti? Ecco, c’è un esercizio. «Non vogliamo dimostrare che si può imparare tutto a memoria» – il tutor anticipa le nostre obiezioni – «Ma studiando in modo diverso si stimolano aree del cervello nuove…». Tutto dipende dalla nostra motivazione, dalla nostra fiducia, dalla nostra disponibilità a imparare, ci spiega. E tanto basta. Quando, il giorno dopo, chiamiamo per dirgli che non ci iscriveremo, non insiste e ci augura buona fortuna. «L’eventuale aspetto manipolatorio dei gruppi di potenziamento personale o miglioramento professionale», ricorda la piscologa Tinelli, «può emergere gradualmente, man mano che si va avanti nei corsi». Lo schema dell’indottrinamento si ripete. La prima fase è quella, già descritta, del love bombing. Poi si instilla la convinzione che tutto quanto accade di positivo è da attribuire alle nuove pratiche, mentre il negativo è da imputare al vecchio stile di vita. «Può bastare un weekend», precisa Tinelli. «Ci sono tecniche immediate, che danno risultati già dopo una giornata. Nessuno punta pistole alla tempia. Per questo è così difficile difendersi». L’allarme arriva, di solito, da familiari, partner o amici. Come si può capire se una persona viene manipolata? Il primo indizio è il cambiamento improvviso e radicale: nel pensiero, nelle espressioni, nei modi. «Si adotta un linguaggio simile a quello dei propri maestri», spiega Tinelli, «Si usano termini tecnici, difficili da capire per chi è estraneo a certe pratiche. Spesso si arriva allo scontro, che poi giustifica l’uscita dalla famiglia, dalla coppia o dal gruppo di amici». Un consiglio per chi è vicino a qualcuno che appare in difficoltà? «Mettersi in ascolto. Non giudicare e non aggredire: potrebbe essere controproducente». Un ultimo consiglio: molte persone si sono liberate leggendo articoli come questo, dove si spiegano le tecniche utilizzate e si raccontano esperienze vissute. Il mondo della manipolazione mentale è opaco. Ma è possibile portare un po’ di luce. Noi, almeno, ci abbiamo provato.

Fonte: http://www.corriere.it/sette/17_luglio_13/chi-manipola-nostra-mente-1f55c278-6723-11e7-9cb7-9d56a32dcee8.shtml

 
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Pubblicato da su 14 luglio 2017 in Interviste, Uncategorized

 

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Lorita Tinelli ospite di “Bianco e Nero” su LA7

NOCI (Bari) – Creduloneria, ignoranza e fascino del mistero i temi trattati nel corso dell’ultima puntata di “Bianco e Nero”,  il programma televisivo in onda ogni domenica, su LA7, condotto da Luca Telese, in collaborazione con Francesca Lancini, giornalista e scrittrice. Nell’appuntamento di domenica 26 marzo è intervenuta, nel pool di esperti, la dott.ssa Lorita Tinelli, psicologa e co-fondatrice nonchè vicepresidente del CeSap (Centro Studi Abusi Psicologici) presso il quale presta ascolto e consulenza per l’aiuto alle vittime di controllo mentale e di abuso psicologico da parte di sette, sedicenti carismatici e gruppi a carattere totalitario.

Nel corso del dibattito hanno partecipato anche il giornalista e conduttore Giuseppe Cruciani, il prete e giornalista don Filippo di Giacomo e l’antropologa Amalia Signorelli.

Alla dott.ssa Tinelli è stato chiesto quale sia la pericolosità delle sette e delle organizzazioni sataniche. “Nel momento in cui un santone ti porta una terapia a taglia unica e cura depressione, ansia, mal d’amore, non avendo nessuna qualifica per farlo, diventa un pericolo alla persona. ha risposto l’esperta nocese, nonché assessore alla cultura del paese dei tre campanili.Chi si rivolge a queste persone e crede in loro, vuol dire che ha una fragilità, che è in difficoltà”.

 
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Pubblicato da su 29 marzo 2017 in Interviste, Uncategorized

 

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Disturbo Antisociale di Personalità nei Leaders di Culti

Il Disturbo Antisociale di Personalità nei leader delle sette e l’induzione del Disturbo di Personalità Dipendente nei membri di un Culto

 

di  John Burke, Ph.D. & Kaiser Permanente


Abstract
Questo articolo considera le prove della  presenza di un disturbo di personalità antisociale (DAP) in alcuni leader di culti. Inoltre, ipotizza che l’influenza dei leader di sette antisociali sui membri del culto possa essere associata alla comparsa di un disturbo di personalità dipendente (DPD) in alcuni membri della setta.
Un certo numero di studi ha riscontrato la presenza di ex membri di culti con esperienze di atti e comportamenti antisociali da parte di leader di culti (Martin, Langone, Dole, e Wiltrout, 1992; Tobias & Lalich, 1994; Occidente & Martin, 1999; e Kent, 2004). Ciascuno di questi studi ha riportato prove di prima mano di atti e comportamenti antisociali da parte dei leader dei culti nei confronti di membri della setta. Questi studi pubblicati, così come il materiale di autore inedito, vengono utilizzati in questo articolo come sfondo per un modello esplicativo e predittivo dell’organizzazione della personalità dei leader di setta, che mostrano comportamenti antisociali.
Inoltre i criteri diagnostici per l’ASPD come descritto nel Manuale Statistico di  Diagnostica dall’American Psychiatric Association, 4a edizione, (1994), vengono utilizzati per aiutare la caratterizzazione dell’organizzazione di personalità antisociale del leader del culto.
All’interno dei sistemi di giustizia penale della California e del Colorado l’ASPD storicamente è stata diagnosticata sulla base di una storia di atti e comportamenti antisociali dimostrabili. L’autore ha partecipato in qualità di membro del team clinico per la diagnosi dei disturbi di personalità, tra cui ASPD, tra i minorenni presso il Santa Cruz County Juvenile Probation Department in California e tra giovani e adulti detenuti presso il Dipartimento di correzione del Colorado.

Un certo numero di studi peer-reviewed, compresi gli studi di Martin, Langone, Dole, e Wiltrout, (1992); Tobias & Lalich, (1994); West & Martin, (1996); e Kent, (2004) riportano attualmente dei risultati, tratti da interviste cliniche con ex membri, che evidenziano vari atti e comportamenti antisociali da parte di alcuni leader di setta. Questi risultati nel dettaglio sottolineano esempi di maltrattamento, intimidazione psicologica e abusi fisici e sessuali dei membri del culto da parte dei leader di culto. Questi dati offrono prove per ipotizzare che alcuni leader di culto presentano caratteristiche che possono soddisfare i criteri del DSM-IV per l’ASPD.

 

 

Si ipotizza anche che i leader di culto possano essere meglio classificati con i criteri del disturbo di personalità narcisistico (NPD), piuttosto che dell’ASPD. Questa è un’ipotesi utile, che sarà discussa solo brevemente in questo articolo, ma che è stata ampiamente approfondita da questo autore in un articolo pubblicato nel 2007.

La posizione attuale di molti ricercatori nel campo degli studi della personalità  è che se i criteri del DSM-IV  sono utilizzati per la elaborazione di una potenziale diagnosi di disturbo di personalità, questa diagnosi è corretta a patto che i criteri siano pienamente rispettati per quel dato disturbo di personalità. Pertanto, se un leader di una setta assume un chiaro modello di atti antisociali, come definito dal DSM-IV-TR, il leader può essere opportunamente diagnosticato con criteri previsti per l’ASPD. Se questo modello di comportamento risponde inoltre ai criteri per una diagnosi aggiuntiva di NPD [Disturbo Narcisistico di Personalità], anche tale seconda diagnosi può essere fatta.

Per ulteriori analisi, il lettore interessato può far riferimento a “Il Carisma Profetico, la Psicologia delle personalità religiose rivoluzionarie” di  Lean Oates (1997), per una discussione completa del rapporto tra l’emergenza del narcisismo e lo sviluppo di una organizzazione di personalità narcisistica in un determinato leader di una setta.

Anche se l’ipotesi di Oates è interessante e attraente, l’autore, a causa di una lunga esperienza di lavoro con le popolazioni criminali, non limita l’indagine della personalità emergente dei leader di un culto ad una ricerca della comparsa del narcisismo e del NPD. Piuttosto, considera la possibilità che alcuni leader di culto  soddisfino anche  i criteri minimi per la diagnosi del DSM-IV-TR di ASPD.

Molti autori che hanno scritto a proposito dei disturbi di personalità, hanno commentato i problemi diagnostici che insorgono con i criteri quando per esempio vi è la sovrapposizione di ASPD e NPD creando aree di intersezione. Nel campo di studio della personalità, tuttavia, se un dato individuo soddisfa i criteri per i due disturbi della personalità, la diagnosi appropriata è quella che li includa entrambi. A parziale sostegno della posizione dell’autore riguardo l’ipotesi che alcuni leader di culto possano soddisfare i criteri per ASPD, Oates riferisce che 3 su 20 dei capi di culto che aveva studiato erano attualmente in carcere, per una serie di reati gravi (Oakes, 1997, p . 8). Come commento cautelativo, tuttavia, vale la pena notare che possono presentarsi difficoltà nell’identificare  antisocialità più sottili, così come ha riferito Millon nel seguente commento:

“Forse gli antisociali ‘puri’ sono rapidamente individuabili, mentre quelli con gli stili  più complessi o  ‘subdoli’ si manifestano solo dopo ampie valutazioni. Sarebbe quest’ultimo gruppo ad aver  evidenziato un mix di  punteggi alti sulle scale 5 (narcisistiche) e 6A (antisociali), (Millon, T., Davis, R., Millon, C., 1997, pp. 81-82).
Nota: Per questo secondo gruppo di persone con diagnosi di ASPD, la scala Narcistica, la scala Antisociale e la scala di aggressività sono tutti elevate oltre BR = 75 (i punteggio pari o superiore a BR = 75 sono considerati clinicamente significativi quando si utilizza il MCMI-III Personality Inventory). (Si noti inoltre che nell’analisi di una grande campione di popolazione maschile adulta (J. Burke, Inedita Pubblicazione, 2 agosto, 2006), le persone con diagnosi di ASPD e una diagnosi NPD concomitante rappresentano circa il 25% di tutte le diagnosi ASPD)”.
Molte delle idee di Millon sono da prendere in considerazione; in primo luogo, quella secondo cui  gli individui con una diagnosi ASPD teoricamente possono essere suddivisi in due gruppi: un gruppo A, che è un gruppo molto puro i cui membri sono relativamente facili da identificare, e un gruppo B, i cui membri possiedono stili di personalità più complessi o subdoli e quindi richiedono una più ampia valutazione prima di essere definitivamente identificati.
È interessante notare che, nello studio di standardizzazione di Millon, il gruppo B, il gruppo complicato e ambiguo, è  in possesso non solo di scale alte clinicamente dell’antisocialità e dell’aggressività, ma anche di una scala elevata del Narcisismo.
La descrizione di Millon di questo secondo gruppo complicato e ambiguo, che non  è di facile valutazione, può forse spiegare alcuni leader di setta che maltrattano membri del culto, ma che non hanno evidenti storie criminali alle spalle e per questo sono difficili da inquadrare. Presumibilmente, diviene difficile per i membri del culto identificare questi leader di setta antisociali presenti nel gruppo di tipo B.
Il disturbo antisociale di personalità (ASPD)
Il Disturbo di personalità antisociale (ASPD) indica un gruppo correlato di tratti di personalità. Tra questi tratti di personalità, due dei più importanti sono il dominio (esercitare influenza o controllo sugli altri) e aggressività (atti aggressivi verbali e fisici verso gli altri).
Blackburn (1998, p. 53) identifica il tratto di aggressività come co-occorrente all’alta impulsività, e spiega che “ un singolo atto di aggressione non è necessariamente indicativo di una disposizione aggressiva . . . Le disposizioni o le caratteristiche sono, allora, le tendenze probabilistiche che descrivono il comportamento medio nel corso del tempo e la sua organizzazione“. Nel modello di Blackburn, un unico atto isolato di aggressione non definisce la disposizione all’aggressività; piuttosto, una sequenza ripetitiva di atti aggressivi definisce la disposizione all’aggressività. Blackburn aggiunge che l’aggressività si esprime attraverso la violenza verbale o fisica e rappresenta un tentativo di usare “potere coercitivo” per controllare le interazioni sociali (1998, p. 53 ter).
Una parziale spiegazione del motivo per cui personalità antisociali esibiscono comportamenti dominanti e aggressivi può essere acquisita dal Modello Dimensionale dei Disturbi di Personalità di Millon.
Questa teoria include un modello tridimensionale per ciascuno dei disturbi della personalità (Millon, T. & Davis, R., 1996, pag. 444). Nel modello dimensionale dei disturbi di personalità, Millon ipotizza che le persone con ASPD possono essere caratterizzati da una dimensione di “‘Modifica’ piuttosto che di ‘Alloggio’ nel mondo“. Secondo Millon e Davis, (1996, p. 429), queste persone sono “attivo-indipendenti che cercano di plasmare il mondo sociale degli altri“. Ognuno può essere un individuo che “si intromette attivamente e viola i diritti degli altri, trasgredendo codici sociali attraverso comportamenti ingannevoli o  illegali” (Millon. T. & Davis, R., 1996, p. 446).
Inoltre, secondo Millon, la personalità ASPD presenta una dimensione “Self-focalizzata“. Invece di essere “altro-focalizzata“, queste persone tendono a consumare le risorse a loro vantaggio personale, invece di soddisfare le esigenze degli altri. Sfruttano e manipolano gli altri nel perseguimento dei loro desideri e bisogni personali.
Infine, Millon afferma che le persone con ASPD hanno una dimensione “edonistica” che cerca di evitare il dolore. Millon dice che “molti antisociali possiedono una ‘voglia di vivere,’ una passione con le quali sono disposti a perseguire emozioni e piaceri edonistici” (Millon, T. & Davis, R., 1996, p. 448). La presenza di una dimensione edonistica in persone con ASPD potrebbe contribuire a spiegare gli eccessi sessuali di alcuni leader di culto‘. Ad esempio, un leader di culto maschile potrebbe rigorosamente vietare ai propri membri di avere rapporti sessuali, perché gli ideali apparenti del culto incorporano un programma di ascetica; ma il leader stesso può avere rapporti sessuali con membri disponibili di sesso femminile del culto, siano esse sposate o single, bambine o adulte. E quando interrogato in merito a tali pratiche sessuali, il leader in questione potrebbe impegnarsi in una logica elaborata e sofistica per giustificare il suo comportamento.
L’Antisociale nella società
Foto Devid Berg, fondatore de i Bambini di Dio. Egli è un esempio di leader che gestiva completamente l’attività sessuale delle sue adepte
Quando il termine “antisociale” viene applicato al comportamento, esso descrive  comportamenti auto-incentrati e manipolativi in contrasto con i comportamenti “prosociali” e costruttivi per la comunità. I comportamenti antisociali trasgrediscono chiaramente gli standard di moralità, equità e giustizia della società.
Il problema non è che la persona con ASPD evita la gente, ma piuttosto che valuta il mondo degli altri, con all’incirca lo stesso punto di vista del piranha che valuta un fiume pieno di turisti che nuotano. Vale a dire, l’individuo con ASPD e il piranha si offrono alla società per  “prendersi cura dei bisogni“. Così, quando l’osservatore esterno osserva gli atti e i comportamenti di qualcuno con ASPD, le prospettive e le azioni dei singoli sembrano basati su una serie di principi che sono diametralmente opposti agli interessi della società.
Secondo Hare (1993, p.2), uno psicologo forense canadese  che ha ampiamente studiato le personalità antisociali,  la popolazione antisociale del Nord America (Stati Uniti e Canada)  contiene un sottogruppo di circa 3 su 10 persone che hanno tali ampi deficit di personalità e comportamenti estremi che sono più accuratamente classificati come personalità psicopatiche. Secondo Hare, gli psicopatici hanno deficit di personalità gravi e pronunciati. La presenza della psicopatia provoca nell’individuo una riduzione o assenza di identificazione empatica con gli altri, e come risultato, lo psicopatico sembra agire senza la limitazione o vincolo di coscienza (Hare, 1993, pag. 173).
Inoltre, Hare afferma che la psicopatia non è limitata solo alla popolazione criminale, ma può colpire qualsiasi ambito della vita, tanto che anche i professionisti come i medici e gli avvocati, così come “colletti blu”, possono essere afflitti in modo simile. Secondo Hare, molti psicopatici non sono mai chiamati in giudizio e condannati per reati, ma rimangono sotto-soglia nella società, anche se commettono frequenti azioni illegali e immorali. Importante per l’attuale discussione è che Hare elenca i culti insieme a molte altri ambiti come possibili ‘paradisi’ per psicopatici. Nel libro di Hare e Babiak, “Snakes in Suits: When Psychopaths Go to Work” (maggio 2006), spiegano in maniera più specifica  come la personalità psicopatica potrebbe operare nel mondo degli affari.
Utilizzando l’ipotesi di Hare, si è in grado di identificare i  leader delle sette che presentano comportamenti psicopatici. Ad esempio, un recente rapporto del San Francisco Chronicle racconta storie dei superstiti delle quasi 1.000 persone nel culto di Jim Jones che nella Guiana furono costretti dallo stesso Jim Jones a suicidarsi bevendo cianuro. Questi sopravvissuti sono stati così colpiti dalla perdita dei loro cari e anche dopo anni continuano ad incontrarsi e a discutere delle loro perdite di familiari e amici. Recentemente, un gruppo di sopravvissuti si è riunito e ha scritto e prodotto un gioco per commemorare la perdita di questi membri della setta Jonestown (Nakoa, San Francisco Chronicle, sezione E, 14 aprile 2005, pp. 1-2).
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Studi su individui che presentavano tratti psicopatici, come il leader del culto Jim Jones, evidenziano le persone che apparentemente non hanno la possibilità di sperimentare la vera empatia per gli altri. Inoltre, questi individui sembrano non essere in grado di utilizzare il feedback emotivo degli altri per modificare il proprio percorso di vita. Tuttavia, ciò che rende questi psicopatici pericolosi per la società è che anche se essi possiedono apparentemente un empatia difettosa, sono in grado di analizzare intellettualmente la composizione emotiva delle altre persone, e poi trasformarla in  un vantaggio criminale.
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Ad esempio, gli psicopatici possono prendere in prestito e utilizzare le finanze di un’altra persona per i propri desideri e bisogni immediati, senza poi restituire il denaro preso in prestito; o, allo stesso modo, essi possono usare sessualmente gli altri, e dopo aver saziato il proprio istinto animale, troncare il rapporto senza alcuna considerazione dell’altra persona. Si è trovato che nel corso della vita la personalità psicopatica cambia molto poco. Tuttavia, a circa 40 anni, lo psicopatico tende a diventare meno attivo in termini di attività criminali violente, ma continua ad agire in una maniera auto-concentrata e distruttiva anche negli ultimi anni della vita (Hare, 1993, pag. 97 ). Purtroppo, gli psicopatici e gli antisociali cercano prede deboli e fragili  e un posto in cui farle entrare che è rappresentato da una setta, che è costituita da persone vulnerabili.
I comportamenti del Leader all’interno del culto
Quando un antisociale o uno psicopatico entra in un culto, può iniziare una lotta di potere con la leadership esistente. Il leader di culto antisociale può coltivare un “contesto” di compagni di viaggio che prontamente sostengono ogni sua azione. Il leader della setta antisociale si attornia di  persone che riflettono le sue convinzioni di base e i desideri. Tale capo potrebbe mostrare un modo superficiale che si scontra con lo stile più aperto e onesto di personalità della maggior parte dei frequentatori “normali” di un culto. (In contrasto con i leader di culto, i “normali”, sono di solito più caratterizzati da autenticità, comunicazione aperta e un desiderio di coltivare relazioni più profonde con gli altri, non  sulla base di secondi fini). I “normali” che entrano in un culto potrebbero sperimentare una costernazione tanto da  lasciare il culto (e si stima che circa il 10% dei membri della setta abbandoni il gruppo subito dopo la propria adesione) o da accettare lo stile di leadership del leader del culto.
Dopo che il leader del culto consolida la sua autorità per mezzo di tattiche manipolative, tutto può succedere. Un ex membro di un culto racconta che la resa al leader del culto e al’ideologia nonchè alle pratiche del culto sono state accompagnata da richieste di ‘affidarsi’ al leader. La sottomissione in un culto può essere accompagnata da perdita di autonomia in vari settori della propria vita in precedenza sotto il controllo personale, come ad esempio la possibilità di visitare la famiglia e gli amici ‘al di fuori’ del culto, la perdita della libertà personale e di movimento e l’obbligo a seguire certe discipline quotidiane, come cantare incessantemente, il digiuno, o fare ‘esercizi’ religiosi noiosi.
Inoltre, sono ben documentati da membri della setta, anche misure più estreme. Esperienze di intimidazione psicologica, così come casi di abusi sessuali e fisici, sono anche riportati dai membri della setta. Come risultato di maltrattamenti inflitti da leader di setta, gli ex membri possono presentare sintomi psicologici come la dissociazione, la derealizzazione, la depersonalizzazione e la depressione. Il meccanismo di difesa psicologica della dissociazione è messo in atto per esistere, in una forma rudimentale, come un meccanismo di sopravvivenza della personalità innata, in uno stato inattivo nell’individuo inalterato e viene attivato solo da condizioni di estremi traumi e stress. Ad esempio, Lewis e Yeager (1996, p. 704) spiegano che “la dissociazione può essere concettualizzata come, protezione primitiva, di difesa automatica, psicologica contro il dolore straordinario“.
Identificazione con l’aggressore
Una parte delle strategie di sopravvivenza personale in un culto prevede che i nuovi membri possano finire con l'”identificarsi con l’aggressore” (una condizione prima evidenziata dalla psicoterapeuta Anna Freud tra i sopravvissuti ai campi di stermino nella II Guerra Mondiale). Questa identificazione con l’aggressore porta l’individuo interessato a “collaborare” con il leader del culto per sopravvivere, e anche ad assumere alcune delle caratteristiche di personalità aggressive del leader del culto.
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Secondo Dutton (1998, p. 140), una grave esperienza traumatica è sufficiente a causare  l’identificazione con l’aggressore. Se un membro del culto inizia ad identificarsi con l’aggressore, egli, in effetti, diventa psicologicamente condizionato a funzionare come una “estensione della personalità” del leader del culto. Storicamente, è noto che gli antisociali, come il leader nazista Goering, durante la seconda guerra mondiale, hanno influenzato i propri subordinati a impegnarsi in comportamenti antisociali verso deboli e vulnerabili prigionieri di guerra. Quando un membro del culto si identifica con l’aggressività del leader del culto e diventa come una rappresentazione personale del leader, l’influenza del leader è notevolmente estesa. I nuovi adepti possono così essere sottoposti ad una influenza sociale maligna concentrata e derivata anche dei seguaci antisociali oltre che dal leader del culto. La conseguente influenza sociale di gruppo aiuta il leader del culto nel controllo e ad indurre rapidamente acquiescenza sociale, abbattendo le difese dei nuovi membri del culto in acquiescenza sociale e creando infine dipendenza  comportamentale.
Perché i leader di culto agiscono in questo modo
Quando si osservava l’ASPD, si è riscontrata un’organizzazione di personalità stabile che è ego-sintonica, cioè non provoca conflitto all’interno dell’Io. Ciò significa che i leader di culto che sono antisociali non si sentono a disagio o non sentono il bisogno di cambiare il loro modo di essere nè di aver necessità di una cura. In realtà, i leader di culto antisociali hanno un’opinione di se stessi del tipo: “Non c’è niente di sbagliato nel mio mondo; Io  ho il controllo del mio ambiente, e mi piace il modo in cui stanno le cose“. Samenow (Seminario pubblico, Colorado Springs, 2002), dopo aver trascorso migliaia di ore ad intervistare personalità antisociali in carcere, ha evidenziato come la personalità antisociale eviti costantemente lo “stato zero”, ovvero quello in cui ci si impotenti e giù di morale. Secondo Samenow, le persone con ASPD tendono ad evitare attivamente questa emozione “stato zero” , manipolando e controllando gli altri al fine di ottenere ciò che vogliono, e quindi mantenendo il proprio stato d’animo in alto, anche se le azioni conseguenti comportano gravi violazioni dei diritti degli altri.
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Visto da questa prospettiva, è ragionevole supporre che i leader di setta siano consapevoli di cosa stanno facendo quando incoraggiano i membri del gruppo ad utilizzare tecniche come il “love bombing”, o gli esercizi di concentrazione, o focalizzazione dell'”attenzione” quando è il momento di reclutare nuovi membri. Appena il nuovo membro entra nel gruppo, altre tattiche emotive e psicologiche possono essere utilizzate per completare l’abbattimento di eventuali residui di resistenza alla volontà del leader. (Nota: Quando questo processo di scomposizione della volontà dei membri nel culto è in corso, può essere spiegato ad essi come esso sia necessario, per eliminare qualsiasi influenza mondana rimanente o compromesso con non il mondo che è ancora rimasto attraverso contatti con esso. Il nuovo membro viene convinto a non avere qualsiasi ulteriore contatto con la famiglia, gli amici, o professionisti della salute mentale o leader religiosi).
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Il potere e il controllo del leader del culto all’interno del gruppo e sulla vita personale del nuovo membro è ulteriormente caratterizzato da “prosciugamento” emozionale di “zone franche” all’interno del culto per il nuovo membro. Tutto ciò può essere ottenuto mediante verifiche di  fedeltà. Il nuovo membro scopre così il tono del gruppo quando milita con forze resistenti alle esigenze del culto, sia ragionevolmente o no. Per far rispettare i desideri del leader di culto, il nuovo membro impara a mantenere un atteggiamento costante di disciplina interna.
Storicamente, racconti di manipolazione emotiva e psicologica da parte di individui di culto, sono stati segnalati già nel primo secolo dC;  ad esempio, l’evangelista Paolo scrive una lettera pubblica alla chiesa di Corinto per metterli in guardia dai cosiddetti leader religiosi che “impressionano”, “opprimono e sfruttano” e che “coinvolgono la gente” (Delling, 1965, p. 5). In contrasto con questo tipo di trattamento, l’apostolo Paolo  dice ai membri della chiesa di Corinto, “Noi non abbiamo usato questo potere” (I Cor. 9: 12b, 1975 The Greek New Testament).
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Il controllo della persona può anche essere acquisito mediante la forzata confessione pubblica di “irregolarità” o riguardo al “pensiero sbagliato”, che rappresenta anche una eclatante violazione della privacy. Affermazioni, inoltre, richieste di lealtà verso il leader del culto e verso la “dottrina” professata dal culto, così come “disciplina” verbale e/o fisica  (che in realtà consiste in abusi verbali e fisici), possono essere praticate. Tuttavia, molti membri lasciano il culto quando si verificano esperienze di abuso fisico o sessuale. Inoltre, Martin et al. (1992) hanno riscontrato la presenza di  ex membri che avevano sviluppato livelli clinici di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sintomi e disturbo di personalità dipendente, depressione, e livelli clinici di ansia,  misurati dal test della personalità MCMI-I.
Ideologie e leader di culto
Le ideologie religiose e filosofiche contemporanee non dovrebbero essere considerate in qualche modo come un  supporto per legittimare comportamenti illegali o antisociali di leader di sette. Piuttosto è la personalità antisociale attiva di questi leader di culto che rappresenta la cultura del culto. Per contro, le tante chiese cristiane indipendenti negli Stati Uniti di solito non portano alla formazione di culti. Piuttosto, i culti più probabilmente traggono il loro particolare carattere individualistico sotto la guida attiva di un religioso antisociale come David “Mosè” Berg dei Bambini di Dio (osservati dall’autore alla fine del 1970 in Huntington Beach, California).
L’autore del seguente articolo ha potuto studiare l’aggressività del leader del culto David Berg  durante le sue riunioni pubbliche e questo serve come un caso di studio osservato personalmente. Questi incontri erano occasioni in cui Berg pubblicamente si lanciava in condanne ingiustificate ed aggressive. Dopo aver sentito la voce forte e stridente di Berg proveniente dall’interno di un negozio di Huntington Beach, i passanti curiosi che vi entravano, percepivano Berg come un Dio irato e terribile nei confronti dell’uomo peccatore, il quale presentava con fervore isterico la disciplina. La natura zelante della presentazione comportava una forte esperienza emotiva per il pubblico.
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Le risposte individuali che hanno reso accondiscendenti questi bambini e adolescenti sulla scia del  messaggio “hanno fatto la loro pace con Dio“, dopo aver ascoltato la rappresentazione del Dio arrabbiato dell’iroso Berg, forse possono essere meglio spiegate come reazioni di coloro  che ricevono la comunione da un sacerdote diabolico ed abusante: il sacramento non è contaminato dalla venalità del sacerdote. Purtroppo, alcuni di quei giovani fiduciosi che in seguito hanno aderito ai Bambini di Dio di Berg per essere salvati dal profeta finirono per essere sessualmente molestati dallo stesso, come si evince dai racconti che sono stati ampiamente pubblicati sui media nazionali.
Così, a differenza dei leader religiosi etici non settari, i leader di setta antisociali si distinguono per il loro maltrattamento e l’abuso ai loro seguaci. Invece di agire con responsabilità verso le persone che realmente cercano di impegnarsi personalmente in una causa, i leader di setta antisociali di adoperano nella manipolazione, dominio e sfruttamento per i propri fini. Questi leader antisociali sembrano avere un flusso apparentemente inesauribile di un impulso al male e al controllo per il proprio uso e consumo, all’abuso, a dominare e sfruttare seguaci membri ignari.
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Analisi dei comportamenti dei Leader di sette comparati con il DSM-IV-TR per i criteri di ASPD
I criteri del Disturbo di personalità antisociale del DSM-IV  sono elencati di seguito in corsivo, con commenti aggiunti a carattere standard (DSM-IV, pp 650-651.):
A: C’è un disprezzo pervasivo e una violazione dei diritti degli altri emersi dopo i 15 anni di età, come indicato da tre (o più) dei seguenti fattori:
Dati relativi a storie d’infanzia dei leader di culto ‘non sono al momento disponibile.
(1) mancata conformità alle norme sociali in relazione a comportamenti leciti come indicato dal ripetersi di condotte, che sono motivi che hanno portato all’arresto.
Fatta eccezione per i leader di culto estremamente violenti come Charles Manson, Jim Jones, o, per esempio, i tre leader di setta incarcerati riportati da Oakes in Prophetic Charisma, la maggior parte dei leader delle sette non vengono segnalati per attività “che sono motivo di arresto”, nè sono  formalmente accusati o condannati per reati gravi. Pertanto, senza prove specifiche del contrario, la maggior parte dei leader di setta non soddisfano questo criterio.
(2) inganno, come indicato da ripetute menzogne, uso di pseudonimi, o truffa per profitto personale o per piacere
Tale criterio è stato segnalato applicabile da ex membri ad alcuni leader di setta. Questo criterio appare quindi una caratteristica di alcuni leader di setta.
(3) impulsività o incapacità di pianificare in anticipo.
Sono disponibili dati insufficienti in questo momento per determinare se questo criterio è soddisfatto.
(4) irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti.
Come riportato da alcuni ex membri, essi hanno sperimentato aggressioni fisiche da parte dei leader di culto, come l’aggressività o irritabilità o entrambi.
(5) totale indifferenza per la sicurezza propria o altrui.
I dati disponibili sono insufficienti per quanto riguarda questo criterio.
(6) irresponsabilità coerente, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere comportamenti, lavoro o onorare gli obblighi finanziari.
I Leader di culto presentano mancanza di integrità finanziaria, che viene evidenziata tramite inadempimenti agli obblighi finanziari, tra cui frode e uso improprio di denaro apparentemente raccolti per esigenze di ministero.
(7) la mancanza di rimorso, caratterizzato dall’indifferenza per aver ferito, maltrattato o derubato un altro.
E’ stata segnalata da ex membri di un culto la mancanza di rimorso del leader, caratterizzata dalla sua indifferenza per aver ferito, maltrattato, o derubato un altro.

B. L’individuo ha almeno 18 anni di età.

Rispondono a questo criterio i Leader di culto adulti.

C. Ci sono prove di Disturbo della Condotta (vedi pag. 90), con esordio prima dei 15 anni.

I dati non sono attualmente disponibile per quanto riguarda la storia dell’infanzia per la maggior parte dei leader di setta.

D. L’insorgenza di comportamento antisociale non si verifica esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o un episodio maniacale.

La maggior parte dei leader di setta non sono descritti in resoconti retrospettivi come affetti da schizofrenia o da episodi maniacali. (Nota: alcuni studi hanno rilevato che Joseph Smith forse fu affetto da disturbo bipolare negli anni successivi).

Racconti di testimoni oculari di ex membri sembrano suggerire che alcuni leader di culto soddisfano il criteri di ASPD del DSM-IV (2), “inganno …”, il criterio (6), “… il mancato … onorare gli obblighi finanziari. .. “, e il criterio (7),” la mancanza di rimorso … “, che fornisce la prova per una diagnosi di ASPD. Un minimo di tre criteri di ASPD deve essere presente prima di una poter considerare una diagnosi completa di ASPD. L’unico criterio non presente (a causa della mancanza di prove pro o contro) è “… la prova di Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni.”

Una ulteriore successiva affermazione tratta dal DSM-IV (1994, pag 649) è: “Gli individui con Disturbo di Personalità Antisociale e (sottolinea l’autore) il Disturbo Narcisistico di Personalità mostrano una tendenza ad essere tenaci, volubili, superficiali, manipolatori e non empatici“. Questo commento molto interessante mette in evidenza la mia precedente dichiarazione che, in alcuni casi, una prima diagnosi di ASPD dovrebbe anche avere una diagnosi di NPD per descrivere appieno la struttura della personalità del leader del culto.
Tuttavia, una nota di cautela deve essere aggiunta: “Solo quando i tratti di personalità antisociali sono inflessibili, disadattivi, e persistenti e causano significativa compromissione funzionale o disagio soggettivo costituiscono il Disturbo Antisociale di Personalità” (DSM-IV, p 649).
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La maggior parte dei leader di setta non sembra essere particolarmente turbata dai risultati dei propri stili di vita e delle azioni riguardanti la vita degli altri. Tuttavia, anche se i leader di culto conferiscono un aspetto di poca o nessuna preoccupazione per i risultati delle loro azioni, alcuni, come Charles Manson, ancora finiscono per essere incarcerati o sono pubblicamente denunciati dalla stampa, come nel caso del signor Berg de I Bambini di Dio.
L’autore ha partecipato alla diagnosi di ASPD in ambienti forensi, dove veniva revisionata la diagnosi su un individuo colpevole di atti criminali e antisociali. L’attività diagnostica dell’autore in un impostazioni forense ha portato alla considerazione di prove che conducono a una diagnosi di ASPD per alcuni leader di culto, soprattutto quando la storia del leader del culto si basa sui fatti verificati di comportamenti antisociali e criminali, segnalati e confermati da ex membri del culto. In sintesi, si sostiene che i comportamenti eclatanti, immorali e talvolta illegali e criminali dei leader di setta sono meglio classificati tra i comportamenti criminali comuni, normalmente osservati nei delinquenti che portano anche una diagnosi DSM-IV di ASPD. E, inoltre, che i privilegi e gli onori normalmente estesi alle persone che ricoprono posizioni di autorità all’interno dei gruppi religiosi non dovrebbe essere estesi a quei leader di setta che sfruttano, dominano, o abusano dei loro seguaci.
Una seconda questione da considerare è l’effetto del leader del culto antisociale sulla fiducia del membro del culto.
L’emergere del disturbo di personalità dipendente (DPD) nel Membro del Culto
I Membri dei Culti
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Come introduzione, l’effetto di esperienze traumatiche all’interno culti sul successivo sviluppo di sintomi del disturbo di personalità dipendente (DPD) tra i membri del culto potrebbero eventualmente essere paragonato ad una simile elevata insorgenza di DPD, osservata tra pazienti psichiatrici (diagnosticati con DPD cinque volte in più della frequenza di pazienti esterni psichiatrici). L’apatia, l’impotenza, il ritiro e il disorientamento che la ricerca ha dimostrato  essere così diffusi tra i residenti [in ospedale] è stato collegato alla natura dei regimi istituzionali … infatti i  residenti vengono portati ad essere più assuefatti alla vita residenziale, in modo che diventino più dipendenti alla routine imposta alla loro vita individuale. (Booth, 1986, pag. 418,  citato da Bornstein, 1993, pag. 129). Allo stesso modo può essere possibile che gli effetti ambientali sociali tendano a contribuire alla nascita di DPD nei soggetti sensibili.
Sono stati osservati ex membri che sono appena usciti da un ambiente cultista ed è stata evidenziata in loro una incidenza superiore al normale di comportamenti dipendenti, di ansia e di depressione.
Diversi sono i possibili fattori che contribuiscono allo sviluppo della dipendenza, dell’ansia, e della depressione nei membri di culto e che possono essere identificati. Ma prima, come premessa, è bene descrivere i vari percorsi possibili per lo sviluppo della dipendenza che riporto di seguito.
La Dipendenza è spiegata dai teorici cognitivisti come stile cognitivo “… in cui un individuo percepisce se stesso come impotente e incapace di influenzare l’esito degli eventi” (Bornstein, 1993, pag. 8). L’inizio di dipendenza secondo Bornstein avviene durante la prima infanzia. Possibili influenze per lo sviluppo di dipendenza sono determinate da (1) genitori eccessivamente autoritari che bloccano lo sviluppo di autonomia fino a togliere il potere decisionale del bambino, e quindi impedendogli di sviluppare comportamenti autonomi indipendenti (Bornstein, 1993, pag. 41) ; o (2) troppo permissivi e gratificanti, che incoraggiano la dipendenza da eccessi di ogni capriccio e desiderio.
Se la dipendenza dell’infanzia continua in adolescenza e nell’età adulta, i “[D] comportamenti dipendenti possono essere diretti verso qualsiasi persona che rappresenti, agli occhi del dipendente, potenziali nutrici, protettori, o custodi” (Bornstein 1993, p.13).
Da adulti, le persone non autosufficienti tendono ad essere più fortemente influenzate da figure autoritarie, rispetto ai loro coetanei (Bornstein, 1993, pag. 59), e tendono anche ad aderire al parere del gruppo più facilmente rispetto ai non dipendenti (Bornstein, 1993, pag. 58).
In un esperimento molto interessante che misura “… se gli individui dipendenti siano o meno più sensibili rispetto agli individui non-dipendenti, dinnanzi ad un trattamento distaccato da parte di un complice” (Masling et al., 1982, citato da Bornstein, 1993, pag. 66 ),  si sono ottenute risposte mediante elettrodi posti sulla loro pelle, che hanno evidenziato che i primi rispondevano più positivamente all’atteggiamento “freddo” rispetto al trattamento “caloroso” del complice. E, per estensione, ci si può aspettare che il trattamento “a freddo” dei membri della setta da parte di un leader di culto venga tollerato con poca resistenza da un membro del culto dipendente.
Simpson e Gangestad (1991, come citato da Bornstein, p. 69) hanno trovato che gli individui dipendenti percepiscono i loro partner relazionali come “. . . fortemente impegnati nella relazione e anche tendono ad avere un bias self-serving (distorsione) . . . che percepisce un maggiore impegno nel partner di quello che esiste realmente“. Estendendo questo risultato ai membri di culto potrebbe significare che i membri del culto dipendenti tendono a percepire il leader del culto come più impegnato nei loro confronti rispetto a quanto questo accada nella realtà. E così forse quando il nuovo membro entra nel culto, egli è circondato da una artificiale  “nuvola rosa” creata dal leader del culto attraverso le tecniche di “love bombing” e di “attenzione focalizzata”.
Inoltre, all’interno delle impostazioni di gruppo, Yalom afferma che i gruppi mostrano un desiderio quasi irrazionale di trovare una figura di autorità, un genitore, un sorta di soccorritore di cui parlava Freud nel 1955 (come citato da Yalom, 1995, p. 296), di cui il gruppo “. ..ha bisogno perchè con la sua forza illimitata egli governi … la sua passione per l’autorità … la sua sete di obbedienza“. Molto probabilmente, dentro il culto, il leader del culto, quando osserva il comportamento dei membri neofiti, intuitivamente comprende che il gruppo ha bisogno di un leader forte, quindi sfrutta questa necessità per i propri scopi illeciti.
Un’altra possibile influenza sulla comparsa di DPD viene da un contributo genetico; questa prova viene da studi di gemelli identici che hanno risposto in modo simile sulle scale di sottomissione e dominio rispetto a gemelli eterozigoti (Gunderson & Philipps, 1995, pag. 1451). Tuttavia, anche se vi è una certa influenza determinata da fonti genetiche, la maggior parte dei ricercatori crede ancora che solitamente, l’influenza più forte per lo sviluppo della dipendenza derivi dall’ambiente familiare, da altri fattori ambientali (come l’influenza sociale del culto stesso), o da entrambi.
A questo punto, una domanda importante sorge spontanea: le persone entrano in un culto con una organizzazione preesistente di personalità dipendente?
In un campione di una comunità di individui (Gunderson & Philipps 1995, p.1450), il 15% erano caratterizzati da una personalità dipendente, con un rapporto stimato di tre femmine ogni maschio. Quindi è statisticamente possibile che alcuni dei nuovi membri che entrano in una  setta potrebbe avere un’organizzazione dipendente di personalità preesistente o una sorta di suscettibilità alla nascita di una personalità dipendente. Tuttavia, questo risultato non spiega pienamente l’esistenza della triade clinica di dipendenza, ansia, e depressione osservata negli ex membri.
Una domanda aggiuntiva è questa: Che effetto potrebbero avere i bisogni di dipendenza esistenti sulla successiva acquisizione di DPD dei membri del culto?
Una possibile risposta richiede una comprensione dei bisogni di dipendenza di membri che entrano nel culto.
Ipoteticamente, le persone che sono psicologicamente vulnerabili e hanno stati d’animo fluttuanti, secondo Dolan-Sewell, Krueger, e Shea (2001, p. 88), [Possono avere] … una sensibilità per eventi ambientali (ad esempio una separazione e una delusione) … Le persone con livelli patologici di ansia/inibizione sono pronti a interpretare gli eventi ambientali, così come i propri comportamenti e pensieri, come potenzialmente dannosi per se stessi o per gli altri.
A quanto pare, alcuni individui potrebbero essere facilmente influenzati dall’esposizione al contesto sociale di manipolazione di un culto, e quindi possono perdere parte della loro capacità di prendere decisioni autonome. Essi possono diventare troppo ansiosi e dipendenti, sotto l’influenza di un gruppo che li porta ad adottare uno stile di personalità basato sulla sopravvivenza e che impedisce loro di uscire dall’ambiente abusante o di resistere agli illeciti mentre sono all’interno del culto.
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In parziale spiegazione del motivo per cui sono stati trovati a sviluppare un cluster di DPD, ansia e depressione alcuni ex membri, si è scoperto che in pazienti con personalità ansiosa e timorosa (pazienti gruppo C), che includono i pazienti DPD, potrebbe anche concorrere depressione e ansia su una base molto più frequenti di quanto accade al gruppo A o gruppo B di pazienti con disordine di personalità (Dolan-Sewell, Krueger, e Shea, p. 97, 2001).
Questi autori sostengono che quando si sviluppa il DPD, l’ansia e la depressione sono spesso associate.
È interessante notare che il già citato studio di Martin et al. ha riportato che “… la maggioranza [di ex membri di sette] sembra essere stato all’interno di un range psicologicamente normale prima di entrare nel gruppo” (1992, p. 3).
Se questo è vero, perché molti ex membri presenterebbero la triade di dipendenza, ansia, e depressione?
Si ipotizza che lo stress traumatico vissuto all’interno di un culto contribuisca direttamente alla nascita di dipendenze, ansia e depressione.
Secondo Dolan-Sewell et al,. (2001, come citato da Millon e Davis, 1996; e Gunderson & Philipps, 1995), l’ansia e la distimia sono spesso in comorbidità con il DPD.
Lo studio di Donald-Sewell et al. spiega che questa comorbidità si presenta perché tutte e tre le condizioni sono legate alla disregolazione affettiva. Tuttavia, se il trattamento psicologico offerto dopo la fuoruscita dall’esperienza del culto può migliorare rapidamente l’ansia e la distimia esibita da questi membri, questo risultato è una prova parziale a favore della posizione che i fattori ambientali sono importanti influenze nello sviluppo di queste condizioni psicologiche. Pertanto, Martin, Langone, Dole e Wiltrout di (1992) evidenziano il declino rapido e simultaneo dei punteggi  MCMI-I di base per la DPD, ansia e distimia in ex membri dopo un relativamente breve trattamento psicoterapeutico, che rappresenta un dato significativo.
Questa scoperta del declino dei punteggi base in MCMI-I di DPD dopo il trattamento breve (di due settimane o meno) fornisce una base per porre una domanda circa la possibilità di un comportamentale condizionato, piuttosto che una caratteristica permanente di DPD, emergente dopo la propria esposizione a eventi traumatici nel culto.
L’induzione di uno “stato” temporaneo di DPD dall’esposizione ad eventi traumatici all’interno dell’ambiente culto è supportata dai risultati riportati da Martin et al. (1992).
Se a) i tratti  non sono stati elevati nella maggior parte dei partecipanti prima della loro entrata nel culto, b) sono apparsi più tardi quando i membri sono testati dopo la fuoruscita dal culto, e quindi se c) i tratti diminuiscono quando si segue anche un relativamente breve percorso psicoterapeutico, questa sequenza di eventi fa propendere per l’ipotesi che l’esistenza di livelli clinici di DPD, ansia e distimia in ex membri rappresenta un stato indotto temporaneo di personalità piuttosto che tratti di personalità duraturi in questi individui.
Alcuni studiosi suggeriscono che gli individui che hanno già uno stile di personalità dipendente sono più vulnerabili alla esperienza di episodi di stress traumatico, che poi portano allo sviluppo di disturbo acuto da stress e, in seguito, PTSD. E’ stato riportato che alcuni membri della setta sperimentano livelli traumatici di stress durante l’appartenenza attiva al culto; tale esposizione allo stress avrebbe provocato la tendenza ad esacerbare eventuali vulnerabilità a stress latenti.
E così si può ipotizzare che l’immersione nella cultura disfunzionale e manipolativa del culto può portare allo sviluppo di tratti di un disturbo di personalità dipendente temporaneo nonché all’insorgenza di disturbo acuto da stress con dissociazione concomitante, depersonalizzazione, derealizzazione e depressione.
Apparentemente, le persone che si uniscono ai culti stanno cercando di trovare nutrimento e cura. Tuttavia, il membro del culto novizio che cerca assistenza e sostegno nel contesto della ricerca della crescita spirituale, non dovrebbero sperimentare manipolazione, condizionamento sociale e comportamentale, e abusi fisici e sessuali da parte di un leader di culto antisociale. Molti leader rafforzano il loro status mediante strutture militari o politiche e si servono di allenatori, insegnanti, o anche personal trainer, per mantenere alti livelli di responsabilità per proteggere, incoraggiare, rafforzare e costruire il gruppo dei propri seguaci. In contrasto con questi comportamenti prosociali e responsabili, i leader di culto centrati su se stessi e con comportamenti altamente antisociali e manipolativi, inducono una varietà di stati psicologici nocivi e disordini nei loro seguaci,  dando credito alle parole pronunciate da Gesù quasi due millenni fa, “Li riconoscerete dai loro frutti“.
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About the Author

John Burke, Ph.D., is a licensed psychologist who completed a post-doctoral residency at the Autism Spectrum Disorders Clinic, Kaiser Permanente, Health Management Organization of San Jose, California. He works as a psychologist at The New Life Treatment Center, a Christian-based licensed treatment facility in San Jose, California. He also serves as the United Presbyterian Pastor of the Bonny Doon Presbyterian Church of Santa Cruz, CA. He recently received his doctorate in clinical psychology with a dissertation entitled “Borderline Personality Disorder in Adult Males in Correctional Settings.” His clinical psychology Internship was in the Colorado Department of Corrections from 2002-2003. Previously, he has worked for the County of Santa Cruz Juvenile Probation Department as a Substance Abuse Counselor; he also served as a Board Member and Board Chair for many years on behalf of the New Life Community Services, Inc., a 33-bed, not-for-profit, social model, inpatient alcohol and chemical dependency treatment facility in Santa Cruz, CA. Dr. Burke previously taught at Bethany University in Scotts Valley, California as an Assistant Professor of Addiction Studies from 1993-2002. He is also the published author of Internet Databases with Cold Fusion 3, a book describing use of personal databases on the Internet published by McGraw-Hill and is a contributing author to Running the Perfect Web Server, 2nd. Ed., (MacMillan Publishing). He presently lives with his wife Barbara, and their three children, Peter, Sean, and Michella in Santa Cruz, California.

Cultic Studies Review, Vol. 5, No. 3, 2006, Pages 390-410

Articolo originario http://www.icsahome.com/articles/antisocial-personality-disorder-in-cult-burke-5-3

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Pubblicato da su 9 gennaio 2017 in Traduzioni, Uncategorized

 

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Convegno: La Manipolazione Mentale nelle Sètte

 
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Pubblicato da su 12 ottobre 2015 in Conferenze e convegni

 

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Italiani vittime di maghi: intervista a Lorita Tinelli

A pag 8 e 9 è possibile leggere l’intera intervista

 
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Pubblicato da su 7 ottobre 2015 in Interviste

 

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Qualsiasi ambito relazionale può diventare una setta

Oltre 300.000 colpiti da culti in Spagna

Professionisti, familiari ed ex membri discutono di questo fenomeno che non è solo religioso

El psicólogo Miguel Perlado junto a Christopher, Enric y Juan en...Lo psicologo Miguel Perlado con Christopher, Enric e John a Barcellona

Il fenomeno delle sette mantiene una vecchia problematica, ma con un volto nuovo. Queste organizzazioni non sono più associate solo ad una componente religiosa, ma negli ultimi anni ci sono state sette legate alla pseudoterapia o al supporto pseudospirituale. “Il loro comportamento è simile: attraggono mediante un’esca” dice lo psicologo Miguel Perlado, presidente della Associazione Americana per la Ricerca sul maltrattamento psicologico (AIIAP) che in questi giorni ha organizzato la Prima Conferenza Nazionale per Professionisti, Famiglie ed ex membri di culti a Barcellona.

Questa è la prima volta che si tenta di discutere in modo plurale su come le sette influenzano le persone e il loro ambiente e quale aiuto questi ultimi possono ricevere dal loro ambiente. Perlado si rammarica che il governo “ha trascurato” questo problema quando in altri paesi europei come la Francia, ci sono leggi specifiche. “In Spagna il fenomeno è sminuito“, spiega lo psicologo, che ricorda che ci sono “gruppi religiosi legati al potere“.

A dispetto di questo, il principale ostacolo delle persone che hanno problemi con le sette è abituarsi ad essere se stessi, poiché lo soffrono come “un stigma” e “si vergognano per essere stati manipolati“, pur avendo istruzione o formazione, secondo quanto riferiscono due vittime, John e Christopher, che hanno portato la loro testimonianza diretta in questa conferenza. Hanno anche spiegato che alcune vittime mostrano “riluttanza ad andare da un terapeuta“, non solo a causa delle difficoltà di spiegare il proprio caso, ma anche perché molti [terapeuti, ndt] non sono ben formati su questi problemi.

In questo senso, la conferenza, cui hanno partecipato circa 130 persone, ha cercato di stabilire criteri comuni per la cura delle persone colpite, discutere di sette, creare una rete per “unire le forze” e migliorare la prevenzione verso i  giovani, in quanto questi sono i più esposti ad “essere catturati“, come spiega  Perlado e quindi “possono perdere il controllo della loro vita e finire isolati“. Un’altra sfida della conferenza è “rompere gli stereotipi delle sette“, perché non solo possono influenzare mediante le questioni religiose, ma anche tramite gruppi di terapie alternative o di crescita spirituale.

Le vittime concordano sul fatto che in questi circoli si procede lentamente per andare a cancellare la propria volontà, si viene incoraggiati a non pensare e a lavorare per il bene del gruppo. “Quando si rendono conto di avere il controllo assoluto su di voi, demonizzano tutto al di fuori, anche la tua famiglia“, spiega Enric, un altro ex membro di una setta. “Qualsiasi ambito può diventare una setta“, dice Perlado, riferendosi alle pratiche di alcune istituzioni o aziende per mantenere dentro i propri membri. Una caratteristica è la possibilità di isolare la persona. Più spesso entrano in conflitto con la famiglia colpita o con ambienti non strutturati, mediante una presenza dominante che tende ad ossessionare il controllo e annullare il resto.

Dei 200 gruppi settari che sono presenti in Spagna si stima che la metà è in Catalogna. L’AIIAP stima che il problema delle sette colpisce 0,8% della popolazione, il che significa più di 55.000 in Catalogna e 300.000 in Spagna.

John spiega di essere cresciuto nell’ambiente dei Testimoni di Geova e che dopo 28 anni ha avuto una “crisi di coscienza” quando vide un bambino morire a Barcellona dopo che i  membri di questo gruppo avevano impedito che ricevesse una trasfusione, perché contraria al loro credo. Spiega che ha sofferto molto perché era da solo al di fuori della sua famiglia e non avrebbe avuto nessuna congregazione.

Christopher ha trascorso cinque anni in un gruppo di kinesiologia fino a che non è uscito grazie alla sua famiglia e ad un aiuto professionale. Da parte sua, Enric entrò attraverso un parente in una setta gnostica distruttiva e dopo 14 anni riuscì ad allontanarsi discretamente. Spiega che in quello tempo ebbe molti dubbi benché soffrisse, “una specie di inquisitore interno“, e li reprimeva per il bene della comunità, così come gli avevano insegnato.

Fonte: http://www.elmundo.es/cataluna/2015/03/06/54fa0a1dca4741ae6c8b4571.html

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Traduzione di Lorita Tinelli

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Pubblicato da su 7 marzo 2015 in Traduzioni

 

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Come un culto ha rubato la mia vita

La scrittrice Taylor Stevens è cresciuta in una setta in cui percosse, fame e abusi sessuali erano eventi di tutti i giorni. Quaranta anni dopo, lei è riuscita a lasciare i ‘Bambini di Dio’ alle sue spalle?

By Julia Llewellyn Smith

 

La maggior parte dei bambini sarebbero lodati se scrivessero storie. Non Taylor Stevens. La quarantunenne Stevens, nata e cresciuta in un culto, allora conosciuto come i Bambini di Dio, i cui membri (il termine  non piace a Stevens perché implica che essi abbiano fatto una scelta)  vivono in comunità, di solito in squallida povertà, sopravvivendo di elemosina. I bambini erano spesso picchiati, affamati, separati dai loro genitori, a loro era negata l’istruzione ed erano abusati sessualmente.

La sporadica frequentazione della scuola da parte di Stevens si è conclusa per sempre quando aveva 12 anni, ma ella ha sempre avuto una predisposizione a raccontare storie. “Tutti gli intrattenimenti – musica, televisione, libri – erano vietati. Eravamo così annoiati, così ho iniziato ad inventare storie da raccontare agli altri ragazzi, quando eravamo seduti per ore nel retro di un furgone  guidato per andare ad elemosinare in  qualche parte “, ricorda. “L’immaginazione è stata il mio meccanismo di sopravvivenza“.

 

Quando aveva 15 anni, ha messo le mani su alcuni notebook e ha cominciato a scrivere racconti. “Sapevo che la mia scorta era limitata, così ho scritto molto piccolo, per inserire le parole in ogni linea il più possibile“. In poco tempo, però, sono stati scoperti ed i libri sono stati confiscati e bruciati.

 

I leader mi hanno detto che ero una strega, piena di diavoli e di eseguire un esorcismo su di me. Mi hanno messo in una stanza per tre giorni senza cibo. Volevano che confessassi i miei peccati. Non sapevo cosa dire, così cominciavano a venir fuori tutti i dubbi circa il gruppo che io avessi mai avuto. Ho fatto strani rumori, perché ho pensato che era quello che volevano, ma mi stavo preoccupando: ‘Che cosa succede se sono i rumori sbagliati?’

In seguito, Stevens è stata isolata dai suoi coetanei per mesi. “Pensavano che li avrei contaminati con il mio spirito maligno. Mi hanno fatto leggere la propaganda per tante ore e poi scrivere saggi su come mi stavano trasformando in una persona migliore. Ho fatto di tutto per renderli felici“. Lei ride. “Per ironia loro non volevano che io scrivessi racconti, ma quasi tutto quello che stavo dicendo di loro era finzione. E che mi hanno fornito le basi per quello che faccio oggi“.

Venticinque anni dopo, Stevens è una scrittrice di successo. Il suo primo romanzo, The informationist è stato nella top 10 nel  New York Times, tradotto in 20 lingue ed è stato scelto da James (Titanic) Cameron. Altri due thriller, molto letti, sono stati pubblicati e altri due sono in cantiere.

E’ un voltafaccia straordinario per una donna che è scappata da sola dal culto all’età di 29 anni. Oggi, parlando con me dalla sua casa di Dallas, in Texas, lei sembra una normale mamma di periferia, interrotta durante la nostra conversazione da telefonate ad  una delle sue due figlie adolescenti che torna inaspettatamente dall’uscita col cane che abbaia frenetico, e dalla scuola che chiede una inaspettata raccolta di qualcosa. Eppure Stevens è lontana da quello stereotipo: “Non mi riferisco ad essere una mamma PTA,  cui tutta la tua vita è, ‘Oh, Susy ha fatto questo, e poi abbiamo fatto le tortine!‘” E aggiunge: “Non importa quanto essi mi amano, non importa quanto meravigliosi siano, la gente non può mai capire da dove vengo“.

Fondata da David Berg (noto anche come “King”, “David” o “Mosè”) in California nel 1968, il culto, oggi conosciuto come The Family o Family International, ha predicato l’apocalisse imminente e la rinuncia di tutti i beni personali.

L’amore libero è stato incoraggiato all’interno delle comuni (anche se la contraccezione era vietata) e Berg incoraggiava la “pesca amorosa”, cioè l’invio di membri di sesso femminile per reclutare nuovi membri e guadagnare denaro attraverso la prostituzione. Con il tempo Berg è morto, egli era ricercato dall’Interpol per incitamento ad abusi sessuali nei confronti dei bambini. Nel 2005, il figliastro ed erede apparente di Berg uccise la sua ex bambinaia e poi si uccise, lasciando un video in cui affermava che gli stesso era stato abusato da bambino e aggiungendo che la persona che voleva uccidere era sua madre – Karen Zerby, ancora  leader della setta.

Grazie alla sua retorica anti-americana, il culto ha attirato molti hippies e manifestanti contro la guerra, come pure, Stevens dice, molti in fuga dalla legge. Nel corso della sua storia di 46 anni, si è vantato di aver avuto 35.000 membri, tra cui 13.000 bambini – oggi si sostiene che esso abbia circa 10.000 adepti. L’attrice Rose McGowan è nata nel culto, la sua famiglia ha deciso di lasciarlo quando i leader hanno iniziato a promuovere il  sesso con i bambini, mentre la famiglia Phoenix, tra cui i fratelli dell’attore River e di Joaquin, ne sono stati membri per un periodo negli anni Settanta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il padre di Stevens si unì al culto nel 1969 all’età di 23 anni, sua madre nel 1970 quando aveva 18 anni. Il Leaders “li fece sposare”, perché, si sospettava, che entrambi fossero ebrei. “Dovreste chiedere loro perché hanno aderito. I miei genitori erano molto giovani, forse senza direzione e probabilmente furono avvicinati da una persona simpatica che disse loro: ‘Perché non venite a passare la notte‘, ella sostiene.  Nel suo secondo romanzo, The Innocent, ambientato in un culto, un personaggio spiega il richiamo: “Portare se stessi dall’indipendenza a seguire il Profeta è stato un atto privo di responsabilità personale“.

Come parte del suo rifiuto della proprietà, il culto ha promosso una vita itinerante, in modo che da quando aveva sette anni, Stevens e i suoi quattro giovani fratelli hanno vissuto in roulotte, insieme ad altri membri, in cinque diversi stati degli USA e di tre paesi europei. Per un breve periodo, quando Berg rese le regole meno rigide, Stevens frequentò varie scuole tradizionali acquisendo una formazione di base e leggendo avidamente i libri  di Nancy Drew  della biblioteca, anche se lei non ha mai fatto amicizia con “estranei“. “Abbiamo condotto una doppia vita, dovevamo semplicemente non parlare di quello che accadeva. Sapevamo che eravamo gli eletti, superiori a loro, che essi era stati avvolti nei loro modi mondani“.

Quando aveva 12 anni, la famiglia si trasferì in Giappone e la sua educazione “e la mia innocenza” cessarono. In linea con la posizione anti-nucleare della famiglia del culto – ella fu allontanata  dalla sua famiglia e inviata in  varie Comuni in cui lei e gli altri adolescenti cucinavano, pulivano e si occupavano della custodia di centinaia di bambini. A un certo punto lei divideva una stanza delle dimensioni di un armadio  con sei persone e un bagno con 20. “Hanno portato via i nostri migliori anni, è stato un lavoro minorile a tempo pieno“.

Inoltre era inviata regolarmente a chiedere l’elemosina, una volta trovandosi per le strade innevate di Osaka con soli sandali aperti. “L’accattonaggio mi metteva a disagio, odiavo la disonestà, chiedendo alla gente dei soldi per progetti umanitari, quando non avevamo  tempo per nulla, tranne solo cercare di sopravvivere“.

Sognava di fuggire, ma – con spie ovunque – mai confidava la sua infelicità. In ogni caso, non aveva le competenze per navigare il mondo esterno. “Ero terrorizzata che Dio mi avrebbe uccisa“. Il culto leggeva ad alta voce regolarmente “Traumatic Testimonies” in cui i membri raccontavano storie dell’orrore sulla vita al di fuori. “Dicevano: ‘Si vede bene là fuori, ma credetemi sarei morto se non avessi trovato The Family‘” Quelli di fuori – per quanto hanno cercato di sfatare gli insegnamenti di Berg – venivano trattati con sospetto. “Non si poteva nemmeno iniziare a sentire quello che stavano cercando di dirci“.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stevens andò in Messico, dove il culto stava organizzando la propria roccaforte più complessa ad oggi. “La leadership era veramente sadica. Erano lì per insegnare ai ribelli nord-americani come essere buoni membri della setta ed erano così abusanti. I bambini hanno subito l’orribile disciplina fisica per diverse infrazioni, non si trattava di una punizione, si trattava di martellare pioli quadrati nei fori rotondi. Tutta la mia vita è stata formata da livelli di terribilità, quindi tutto quello che potevo fare era tenere la testa bassa come al solito e solo ottenere attraverso di essa“.

Dopo la morte di Berg nel 1994, Stevens ha usato il suo sconvolgimento per cogliere la sua occasione per passare a una comune in Kenya, “così lontano ho potuto dimostrare ai leader di controllo che ero stata abbastanza spirituale“. Ha sposato un altro membro di culto e, nella speranza di aiutare realmente gli altri, piuttosto che mendicare, la coppia ha istituito una missione in Guinea Equatoriale, che ha una delle peggiori considerazioni dei diritti umani e dei livelli di povertà nel mondo.

E’ stata la terra che il tempo ha dimenticato, come camminare attraverso le porte dell’inferno”, esclama Stevens. “E’ stato il luogo più inospitale in cui si potrebbe vivere: il clima, la cultura della paranoia. Abbiamo dovuto corrompere il governo per aiutare la gente. Nonostante questo, abbiamo costruito 3.000 banchi di scuola e portato  30 mila dollari di forniture mediche ed educative“.

Rafforzata da quel successo contro ogni probabilità, la coppia, ora con un bambino e un altro in arrivo, si trasferì in Germania. Suo marito ha trovato un posto di lavoro e sono stati in grado finalmente di lasciare il culto. “Non dimenticherò mai come mi sentivo euforica la prima mattina che mi sono svegliata nel nostro piccolo appartamento, finalmente libera dagli occhi che erano stati a guardare e a giudicare me tutta la vita“, dice. “Andare per negozi, prenotare la visita di un medico – tutte le cose ordinarie che la maggior parte degli adulti danno per scontato – erano così nuovi per me. Camminando per la strada da sola era straordinario, l’abbiamo sempre fatto in coppia, è stato come essere nudi. Avevo paura che Dio mi avrebbe colpito, ho sviluppato tutti i tipi di fobie. Ci è voluto molto tempo per adattarsi“.

 

La coppia (ora amichevolmente divorziata – “Nel contesto di culto, si pensa di conoscere qualcuno, perché si vive con lui a tempo pieno, ma si sa solo che il culto si aspetta come debba essere“) è arrivata negli Stati Uniti, dove ha continuato a vivere in condizioni di estrema povertà. Per fare denaro extra, Stevens ha cominciato ad acquistare i libri in vendite private per rivenderli su eBay. Avendo già letto “forse 15 romanzi” in Africa, è diventata un fan accanita dei romanzi di Robert Ludlum.

Rendendosi conto che lei aveva vissuto in luoghi altrettanto esotici come quelle raffigurate da Ludlum, decise, a 35 anni, di scrivere il proprio thriller ambientato nella bizzarra e terrificante Guinea Equatoriale. “La mia ortografia e la punteggiatura non erano molto precise, ma ho potuto mettere insieme delle parole” dice. A riprova di questo, subito dopo la valutazione esso è stato pubblicato, con enormi consensi, da una sconosciuta, come lei sostiene, che non solo aveva solo una istruzione primaria  ma anche veniva accusata di aver inventato la storia passata per aumentare le vendite.

In realtà, anche se il suo background è il sogno di un pubblicista, Stevens era riluttante a soffermarsi su di esso troppo e inizialmente voleva ometterlo dalla sua  biografia. “Avrei potuto inventare un passato per me“, dice. “Ma crescendo, abbiamo mentito al mondo esterno su di noi tutto il tempo e ho giurato che mai avrei avuto intenzione di farlo di nuovo“.

Si rifiuta di discutere i dettagli dell’abuso fisico o gli elementi sessuali del culto, in primo luogo per proteggere le proprie figlie, ma anche, come un personaggio spiega in The Innocent, perché mette in ombra le decine di altre umiliazioni che migliaia di bambini hanno sopportato. “C’è stato abuso sessuale … Ma questo è solo uno dei tanti piatti serviti al buffet della mia infanzia … Nessuno racconta l’estrema disciplina, o l’essere separati dalle nostre famiglie, o la privazione di istruzione, o la mancanza di cure mediche … Questo non è divertente abbastanza“.

E’ stato il suo desiderio di concentrarsi su questi altri orrori che l’ha portata a scrivere The Innocent? “Altre persone hanno strumentalizzato il fatto che ero vissuta in un culto per i propri ordini del giorno – vendere libri, mostrare che  i culti sono dannosi – io però volevo solo far vedere cosa è stato davvero“, dice Stevens. “Ho voluto descrivere spassionatamente, senza rabbia, il sadismo che ho dovuto vivere dentro così come non c’è giustizia

Oggi, i suoi genitori sono divorziati, e lei non ha alcun rapporto con il padre, anche perché continua a identificarsi con il culto, ma, dopo un po’ di rielaborazione, ha una “solida, capacità di amare” sua madre.

Le proprie figlie hanno portato completamente a casa da lei gli orrori della sua giovinezza. “Attraverso il confronto con la crescita e lo sviluppo dei miei figli … con quello che avevo sperimentato relativamente a quei tempi, ho afferrato i veri orrori di quello che avevo vissuto“, dice. “Non riesco a capire come così tanti genitori nel culto hanno potuto mettere da parte un potente istinto del genere“.

Fonte: http://www.telegraph.co.uk/culture/books/11184489/taylor-stevens-joaquin-phoenix-david-berg-children-of-god.html

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Pubblicato da su 27 febbraio 2015 in Traduzioni

 

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Metodi di controllo orwelliani di Scientology illustrati in un nuovo libro di Jefferson Hawkins

Jefferson Hawkins ha pubblicato un altro libro su Scientology – e questo è basato sul lavoro che ha fatto qui all’Underground Bunker dalla sua serie sul sistema bizzarro di ‘etica’ di Scientology.

Egli ha aggiornato e aggiunto alla serie e ha raccolto tutto in un ebook che è disponibile su Amazon. Anche lui ci ha mandato la prefazione del libro, che proponiamo qui.

Jeff è una delle persone più sagge che abbiamo mai incontrato dal mondo di Scientology, e siamo fortunati ad avere il suo aiuto qui al Bunker. Speriamo che si prenderà il tempo di prendere in considerazione il download del suo libro

Closing-Minds-Cover

CLOSING MINDS

By Jefferson Hawkins

Prefazione

 

COME SCIENTOLOGY controlla i suoi membri? Come li convince ad evitare qualsiasi informazione negativa su Scientology? Come li convince a non esaminare le informazioni critiche su Internet, in TV o sulla stampa? Come li convince a evitare o disconnettersi del tutto dalle persone che sono critiche di Scientology – anche tra i loro amici, i loro familiari, o i loro genitori o figli? Tutto mentre insistentemente parlano di “migliorare la comunicazione” e “ricerca della verità“?

Come possono costringere  persone intelligenti a vivere in una bolla di informazioni dove si crede solo a ciò che Scientology dice loro e che si rifiutano di guardare qualsiasi informazione critica?

Come fanno a convincere la gente comune a donare enormi quantità di denaro alla Chiesa, molto più di quello che possono permettersi? Come inducono il  personale a lavorare lunghe e dure ore, sopportare privazioni e abusi, per poco o senza stipendio?

Sebbene questo libro sia stato scritto principalmente per gli Scientologist, ex scientologist e  per le loro famiglie, esso può essere di interesse per chiunque sia curioso sull’argomento.

Si tratta di un’esplorazione di un corpo di informazioni che Scientology definisce “tecnologia di etica“. Tuttavia, ha poco a che fare con il tema dell’etica, come la maggior parte delle persone comprendono. Invece, esso si forma su un sistema molto sofisticato di controllo mentale.

Questo libro è il mio tentativo di decostruire tale sistema.

Sono stato uno Scientologist per più di 35 anni. Durante quel periodo, mi ho fatto parte del  nucleo interno di Scientology, la Sea Organization paramilitare, ho percorso la mia strada attraverso i ranghi, e trascorso i miei ultimi quindici anni come scientologist presso la sede internazionale della Chiesa di San Jacinto, in California.

Ero un credente. Credevo a quello che la Chiesa mi diceva. Ho creduto alle bugie della Chiesa e alle invenzioni circa la propria dimensione e l’influenza, per il “bene superiore“. Ho seguito gli ordini. Ho continuato ad avere i miei dubbi e disaccordi tra me e me, non raccondandoli a  nessuno, nemmeno a mia moglie. Ho sopportato anni di difficoltà, fisica e di abusi mentali alla base internazionale, tutto perché credevo che contribuivano ad un “scopo più alto“.

Ero stato indottrinato a credere che facendo ciò che mi è stato detto, seguendo gli ordini, rifiutandomi di ascoltare le critiche di Scientology e sopprimendo i miei dubbi, divenivo “etico“.

In definitiva, quando la dissonanza cognitiva è diventato troppa da poter essere sopportata, mi sono disilluso da Scientology e infine sono uscito nel 2005. Nel 2010 ho pubblicato un libro di memorie della mia esperienza in Scientology, sogni contraffatti, racconando l’abuso, le bugie e le frodi cui ho assistito.

Il mio recupero da Scientology è stato un lungo processo. Alcuni lo hanno paragonato allo sbucciare una cipolla. Dopo aver sbucciato fuori uno strato di indottrinamento, ti ritrovi altri livelli sottostanti. Ho raccontato il processo in un blog online chiamato Lasciando Scientology.

Eppure, anche dopo tutto questo, c’era ancora uno strato residuo, una domanda senza risposta. Come, nonostantei  fallimenti di Scientology, nonostante i suoi maltrattamenti ai membri, nonostante le sue continue bugie, essa è riuscita a mantenere la fedeltà di persone comunque intelligenti. È vero, molti lasciano o hanno lasciato, ma ancora in qualche modo essa possiede la fedeltà di altre migliaia di persone.

Entro il 2010 ho cestinato, senza tante cerimonie,  la maggior parte dei miei libri di Scientology. Tuttavia, ne avevo tenuto uno per ulteriori analisi: Introduzione all’Etica di Scientology.

Avevo provato da tempo che questo libro ha formato il nucleo di tecniche di manipolazione mentale di Scientology. Nella Sea Org chiunque passi fuori linea è costretto a ristudiare questo libro più e più volte, fino a che non lo si conosce praticamente a memoria. E’ il libro usato usato dall’organizzazione per valutare un membro che comincia a dubitare o fa domande su Scientology. E chiunque passi dalla linea in qualsiasi organizzazione Scientology è inviato all'”Etica”, che usa i principi di questo libro per rimetterlo di nuovo in linea. Pertanto, ho ipotizzato che  Introduzione all’Etica di Scientology deve contenere i principi fondamentali del controllo mentale della “tecnologia” di Scientology.

E infatti è così.

Ho pubblicato la mia analisi del “Libro di Etica” di Scientology in una serie di articoli ospitato nel blog di Tony Ortega, The Underground Bunker. Sentivo che decostruire, raccogliere e analizzare l’Introduzione all’Etica di Scientology, capitolo per capitolo, avrebbe potuto essere non solo rivelatore di Scientologist ed degli ex-scientologist, ma avrebbe potuto anche dimostrare ai non scientologist com’è scattata esattamente come la trappola.

Dopo che gli articoli sono stati completati, ho deciso che questo argomento sarebbe stato di valore sufficiente per la  pubblicazione di un libro, ampliando i saggi e consolidando la mia analisi in un’unica posizione.

Ho cercato di mantenere la terminologia e il gergo di Scientology  al minimo, e definire questi termini in un contesto dove possibile.

Spero che questo libro sia utile agli ex-scientologist nel sollevamento dell’ultima “strato di cipolle“. E per coloro che non sono mai stati in Scientology, spero che fornisca una sbirciatina informativa dietro la tenda e una certa comprensione di come si comanda la fedeltà incondizionata della loro appartenenza.

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Fonte: http://tonyortega.org/2015/02/20/friday/

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

Gli articoli apparsi su questo blog possono essere riprodotti liberamente, sia in formato elettronico che su carta, a condizione che non si cambi nulla e  che si specifichi la fonte

 
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Pubblicato da su 20 febbraio 2015 in Traduzioni

 

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A cura di Lorita Tinelli